Questo insegnamento è parte del percorso tematico "Spatial Planning, Evaluation and Management" del programma di dottorato in Urban and Regional Development.
Questa proposta didattica adotta la prospettiva del cosiddetto "pensiero decoloniale", sviluppato principalmente da studiosi come Walter Mignolo, Arturo Escobar, Maria Lugones e Boaventura De Sousa Santos. Obiettivo di tali discorsi è proporre una critica ad alcuni paradigmi interpretativo-cognitivi e dispositivi concettuali che connotano le pratiche urbanistiche occidentali contemporanee, in particolare quelle neoliberiste.
Il pensiero decoloniale è pressoché sconosciuto in Italia. È dibattuto all’interno degli studi antropologici, sociologici e delle scienze politiche, tuttavia, il contributo che può offrire alla definizione di un pensiero critico attorno allo spazio e al suo progetto è molto rilevante, in quanto rende esplicito il legame tra progetto, politica, conflitto e violenza epistemica. Il discorso decoloniale insiste sulla necessità dell'analisi del potere coloniale e delle forme di conoscenza rispetto alle pratiche progettuali, prendendo le distanze da inguai e temi "postcoloniali “e degli studi critici aprendo a diversi quadri epistemici e ontologici.
Nel contesto degli studi urbani, il pensiero decoloniale si caratterizza per l'adozione di una prospettiva relazionale incentrata sui processi di scambio tra 'differenze', ovvero tra culture, soggetti, collettivi, pratiche, saperi diversi che fanno emergere un “pluriverso”. Il riconoscimento delle differenze è considerato un passaggio necessario per definire le relazioni attraverso strutture socio-spaziali date o da configurare. Il pensiero decoloniale non coincide con il discorso multiculturale che non mette in luce asimmetrie di potere e disuguaglianze sociali e che è, per molti aspetti, compatibile con il modello neoliberista. Il modello multiculturale di governo delle differenze mira a controllare il conflitto culturale entro i limiti dell'ordine stabilito al fine di mantenere la stabilità e la coesione sociale. Il discorso decoloniale, al contrario, parte dal riconoscimento dei dispositivi di potere coloniale e dal loro legame con le logiche e immaginari capitalisti. Pertanto, rende espliciti i meccanismi che legittimano la colonialità, come modello di conoscenza che attraversa molteplici sfere di esperienza: la conoscenza, le prospettive disciplinari, i rapporti tra società, spazio e ambiente fino ai rapporti di genere.
La postura decoloniale vuole suggerire sia una prospettiva alternativa centrata sull'abitare, sui suoi spazi e ontologie, sia un incrocio dei tradizionali discorsi lei canoni eurocentrici con letterature sul razzismo, l'estrattivismo e la violenza coloniale mettendo in discussione la modernità eurocentrica intesa come unico modo possibile per conoscere e immaginare lo spazio.
Questi temi verranno analizzati indagando in particolare il rapporto tra colonialità ed alcune specifiche situazioni, ecologie, geografie, intese come arcipelago di nozioni tra loro connesse.
Il corso rifletterà su questi temi attraverso un movimento discorsivo attraverso lezioni, lavori di gruppo, dialoghi attorno all'opacità del progetto contemporaneo.
Risultati attesi
La decolonialità esprime un pensiero che interroga le relazioni di dominio, le disuguaglianze e i conflitti socio-spaziali degli spazi rurali per trasformarli. In questo senso, l'obiettivo di questo corso è quello di problematizzare i dispositivi di conoscenza coloniale nel contesto degli studi urbani attraverso una discussione politica su pratiche e condizioni che ostacolano il rapporto tra differenze. Per raggiungere questi obiettivi, il corso è organizzato in una serie di lezioni / tavole rotonde incentrate su una o più parole-chiave o temi in cui dibattono dottorandi e studiosi invitati.
Le parole sono: deserto; spazio-piantagione; monsone; serra; isola; pueblo; ubuntu. Ognuno di termini esprime diversi significati ed evoca vasti immaginari. Possono essere visti come fatti geografici, spazi naturali o sociali, ambienti estremi, luoghi di ritiro spirituale, paesaggi metaforici, zone di confine o avamposti di un potere di controllo. Pur essendo diversi per natura, condividono una serie notevole di caratteri, sono terre desolate, laboratori di sperimentazione e siti di invenzione di nuove ecologie. Sono anche spazi psicopolitici e archetipici, luoghi di emergenza e di crisi, siti di sovversione artistica e controculturale e progetti sociali utopici. Le loro identità sono instabili, dinamiche e talvolta contraddittorie.
La riflessione attorno a questa costellazione di termini è costruita attraverso una discussione "tra pari”, senza gerarchie, attraverso letture critiche di testi e altri dispositivi narrativi.
In questo senso, i dottorandi, concentrandosi sull'approccio ontologico alla pianificazione e progettazione, apprenderanno le principali basi teoriche del discorso decoloniale sulla città e sul rurale in un contesto storico e in un'ottica critica.
This PhD course is part of the thematic path "Spatial Planning, Evaluation and Management" of the PhD programme in Urban and Regional Development.
In the context of urban studies, decolonial urbanism is characterized by the adoption of a relational perspective focused on exchange processes between ‘differences’, this is to say, between different cultures, subjects, collectives, practices, knowledges that allow a pluriverse to emerge. The recognition of differences is considered a necessary step to define relationships through socio-spatial structures given or to be configured. Decolonial thinking does not coincide with the multicultural discourse which does not highlight asymmetries of power and social inequalities and that is, in many respects, compatible with the neoliberal model. The multicultural model of governing differences aims at controlling cultural conflict within the limits of the established order with a view to maintaining stability and social cohesion. The decolonial discourse, on the contrary, starts from the recognition of colonial power devices and their link with capitalist logics and imaginations. Therefore, it makes explicit the mechanisms that legitimize coloniality, as a model of knowledge that crosses multiple spheres of experience: knowledge, disciplinary perspectives, the relationships between society, space and the environment up to gender relations.
The decolonial posture wants to suggest both an alternative perspective located on dwelling, on its spaces and ontologies, and an expansion of the literatures focused on eurocentric canons crossing it with literatures on racism, extractivism and colonial violence and that move out from a Eurocentric modernity as the sole possible way to know and imagine our spaces.
These themes will be analysed by investigating in particular the relationship between coloniality and certain specific situations, ecologies, geographies, understood as an archipelago of interconnected notions.
The course will reflect on these themes by means of a discursive movement through lectures, group work, dialogues around the opacity of the contemporary project.
Expected learning outcomes
Decolonizing urbanism is a process that Rural expresses a thought that questions domination relationships, inequalities and socio-spatial conflicts in order to transform them. In this sense, the objective of this course is to problematize colonial knowledge devices in the context of urban studies through a political discussion on practices and conditions which hinder the relationship between differences. To achieve these objectives, the course is organised in a series of lectures/roundtables focusing on one or more key-words or themes debated by PhD students and invited scholars.
The words are: desert; space-plantation; monsoon; greenhouse; island; pueblo; ubuntu. Each of the terms expresses different meanings and evokes vast imaginaries. They can be seen as geographical facts, natural or social spaces, extreme environments, places of spiritual retreat, metaphorical landscapes, borderlands or outposts of a controlling power. Although different in nature, they share a remarkable set of characteristics, they are wastelands, laboratories of experimentation and sites of invention of new ecologies. They are also psychopolitical and archetypal spaces, places of emergency and crisis, sites of artistic and countercultural subversion and utopian social projects. Their identities are unstable, dynamic and sometimes contradictory.
Reflections around this constellation of terms are constructed through peer-to-peer discussion, without hierarchies, through critical readings of texts and other narrative devices.
In this sense, doctoral students, focusing on the ontological approach to planning and design, will learn the main theoretical bases of the decolonial discourse on the city and the rural in a historical context and from a critical perspective.
GENERALI PER L'ACCESSO AL CORSO DI DOTTORATO IN URBAN AND REGIONAL DEVELOPMENT.
GENERAL PREREQUISITES FOR ACCESS TO THE DOCTORAL PROGRAM IN URBAN AND REGIONAL DEVELOPMENT
Questa proposta didattica adotta la prospettiva del cosiddetto "pensiero decoloniale", sviluppato principalmente da studiosi come Walter Mignolo, Arturo Escobar, Maria Lugones e Boaventura De Sousa Santos. Obiettivo di tali discorsi è proporre una critica ad alcuni paradigmi interpretativo-cognitivi e dispositivi concettuali che connotano le pratiche urbanistiche occidentali contemporanee, in particolare quelle neoliberiste. Il pensiero decoloniale è pressoché sconosciuto in Italia. È dibattuto all’interno degli studi antropologici, sociologici e delle scienze politiche, tuttavia, il contributo che può offrire alla definizione di un pensiero critico attorno alla città e al suo progetto è molto rilevante, in quanto rende esplicito il legame tra progetto, politica, conflitto e violenza epistemica.
Il corso è organizzato come seminario collettivo articolato attorno ad alcune nozioni, spazi, situazioni intese come ’dispositivi concettuali: deserto; spazio-piantagione; monsone; serra; isola; pueblo; ubuntu. Obiettivo è riflettere sul rapporto tra potere coloniale, forme di conoscenza e possibili ricadute nell’ambito delle pratiche progettuali, aprendo a differenti quadri epistemici e ontologici.
This teaching proposal adopts the perspective of the so-called ‘decolonial thoughts’, developed mostly by scholars such as Walter Mignolo, Arturo Escobar and Maria Lugones and under the label of ‘epistemologies of the South’ by Boaventura De Sousa Santos. The aim of such discourses is to propose a critique to some interpretative-cognitive paradigms and conceptual devices that connote contemporary western urban planning practices, especially the neoliberal ones.
The decolonial thought is almost unknown in Italy. It has been analysed in the disciplines of anthropology, sociology and political science, however, the contribution it may offer to the definition of a critical thinking around the city and its project is very relevant, insofar as it makes explicit the link between project, politics, struggles and epistemic violence. The course is organised as a collective seminar articulated around certain notions, spaces, situations understood as 'conceptual devices: desert; space-plantation; monsoon; greenhouse; island; pueblo; ubuntu. The aim is to reflect on the relationship between colonial power, forms of knowledge and possible repercussions in the field of design practices, opening up different epistemic and ontological frameworks.